Un addolcitore per uso potabile (abitazione/condominio) DEVE ESSERE CORRETTAMENTE TARATO PER LEGGE.
- Il primo responsabile è l’installatore che deve tararlo secondo quanto impone la normativa al suo primo avvio operativo.
- Il secondo responsabile è l’amministratore dello stabile o il proprietario dell’immobile che diventa primo responsabile per la successiva gestione e manutenzione.
La legge indica che deve essere tarato a non meno 15°F di durezza ed il sodio disciolto nell’acqua non può eccedere oltre i 200mg/l (alcune regioni hanno inasprito la legge portando a 150mg/l, es: regione Lombardia).
Tuttavia a questa durezza si formano comunque delle incrostazioni.
Chi dichiara di risolvere completamente il problema calcare sta dicendo il falso, se così fosse, probabilmente, l’addolcitore potrebbe essere stato tarato molto basso (spesso sotto i 7°F).
L’eccesso di quantità di sodio (durezze troppo basse) potrebbe innescare dei fenomeni di corrosione sulle tubazioni o sugli accessori che contengono metalli (esempio: caldaie, rubinetterie, elettrodomestici).
La corrosione è maggiore se la durezza nell’acqua addolcita è inferiore a 7-5°F perchè risulta essere ancora più aggressiva per un eccesso di ioni di sodio che facilitano anche l’insorgenza di correnti vaganti, soprattutto in acqua calda, e riduzione del PH (acidità).
Ridurre eccessivamente la durezza è anche dispendioso nei costi di gestione dell’addolcitore (maggior consumo d’acqua e di sale per un numero di rigenerazioni più frequenti).
Un’acqua troppo dolce ma soprattutto troppo ricca di sodio può creare, nei soggetti più sensibili, prurito, irritazione, infiammazioni cutanee anche gravi, propensione alla caduta di capelli, aumento dell’ipertensione, e altri problemi di cui si rimanda ad approfondimenti presso il proprio medico di famiglia.
Sotto i 5°F i saponi non funzionano più correttamente e i risciacqui, es: della lavatrice, non sono sufficienti a togliere completamente i prodotti chimici che rimangono maggiormente sui tessuti a contatto con la pelle.